Una
foresta innevata che si trasforma a Natale in un meraviglioso giardino,
impervie montagne che rivelano miniere d'argento, schiere di anime perdute che
penano tra i ghiacci eterni, accudite da una vecchietta abbandonata che non si
rassegna alla solitudine: è la Svezia delle antiche fiabe che rivive in questi
racconti di Selma Lagerlöf, quella dei miti e delle leggende, delle storie
tramandate al lume di candela nelle lunghe notti nordiche. Ma come nei suoi
grandi romanzi, lo sfondo fantastico serve a raccontare i desideri, le
passioni, le grandi domande morali. La fede nella bellezza di un vecchio abate
che fa nascere un fiore nel buio inverno del Nord, la giovane che perde il suo
amore in mare e trova nei sogni come riportarlo in vita, il violinista
presuntuoso che impara l'umiltà dalla musica di un ruscello. Dietro
un'apparente semplicità emerge una sottile indagine dell'animo umano: non c'è
mai un "vissero felici e contenti" nelle sue storie, ma il lieto fine
è segnato da una redenzione, l'accettazione di un limite, il superamento di una
paura, una ritrovata fiducia nella fantasia. E quasi sempre il
"miracolo" avviene attraverso un racconto nel racconto, quell'inesauribile
potere dell'immaginazione di far vedere la realtà con altri occhi o di
ricrearla, di trasformare uno scrigno nascosto nel tesoro dell'imperatrice
Maria Teresa, e di insegnare a re Gustavo come il valore degli uomini superi
ogni ricchezza.
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